Avviso ministero Esteri GB: prepararsi rivolte crollo euro
La posizione dell'Inghilterra mi ricorda molto quella dell'imperatore Costantino che, in accordo con la Chiesa cristiana romana d'occidente (l'attuale Vaticano), ha dato vita al culto Cristiano come lo conosciamo oggi ma senza mai convertirsi, nemmeno in punto di morte, alla religione da lui voluta. L'Inghilterra ha voluto la comunità europea, dai tempi del secondo conflitto mondiale ha manovrato per crearla ma non ne ha mai voluto far parte. Ora, se i burattinai si preoccupano e addirittura mobilitano le proprie ambasciate sul territorio europeo perchè si organizzino per aiutare i cittadini britannici in caso di un eventuale crollo dell'euro, direi che è il caso di non prendere la notizia troppo alla leggera. Riporto di seguito l'articolo del Telegraph.
Le ambasciate britanniche dell’eurozona sono state informate di elaborare dei piani per aiutare i cittadini britannici ad espatriare al realizzarsi del crollo della moneta unica; intanto crescono nuove paure su Italia e Spagna.
Con le difficoltà dell’Italia del farsi sottoscrivere i bond e con la Spagna che si ritiene sia alla ricerca di un salvataggio internazionale, i ministeri britannici hanno messo in guardia, in modo riservato, che il crollo dell’euro – prima impensabile – sia ora sempre più probabile.
Le sedi diplomatiche si stanno attrezzando per fornire aiuto ai britannici all’estero nell’evenienza di un crollo del sistema bancario e di rivolte in risposta alla crisi del debito.
All’inizio del mese il Tesoro ha confermato che è in corso una programmazione in prospettiva di un crollo.
Un ministro di alto corso ha rivelato di recente la gravità della preoccupazione del governo, affermando che la Gran Bretagna si sta ora organizzandosi sulla base di un crollo dell’euro che è solo questione di tempo.
«È nostro interesse che la cosa impieghi tempo, perchè così possiamo prepararci meglio», questo ha detto il ministro, ieri, al Telegraph.
Ambasciate e consolati esteri hanno recentemente ricevuto istruzioni dal Foreign and Commonwealth Office che richiedevano la pianificazione di scenari estremi che includessero rivolte e sollevamenti della popolazione.
La Grecia, in risposta alle ristrettezze imposte dal governo, ha visto l’esplosione di numerose rivolte popolari. Gli apparati governativi britannici ritengono che, se l’euro crollerà, non si possano escludere simili scene anche in altre nazioni.
Ai diplomatici è stato detto di organizzarsi per poter aiutare centinaia di migliaia di cittadini britannici – nei Paesi dell’eurozona – ad affrontare le conseguenze di un crollo finanziario che potrebbe render loro impossibile l’accesso ai conti bancari od anche il ritirare il contante.
A gettar benzina sulle paure che i mercati finanziari nutrono per l’euro, ieri notizie provenienti da Madrid suggerivano che il nuovo governo del Partito Popolare potesse chiedere un salvataggio o dal fondo di aiuto dell’Unione Europea o dal Fondo Monetario Internazionale.
Ci sono anche paure crescenti per l’Italia, il cui nuovo governo è stato obbligato, ieri, a pagare tassi di interessi record sulla nuova emissione di titoli di Stato: il tasso sui BOT a sei mesi è stato del 6,5%, quasi il doppio dell’omologo tasso di un mese prima. Il tasso sui titoli di Stato a due anni è stato di un sorprendente 7,8%, che è un valore molto al di sopra di quello ritenuto insostenibile.
Alla volta delle fine di gennaio, il nuovo governo italiano – per rifinanziare i propri debiti – dovrà collocare sul mercato titoli di Stato per un controvalore di 30 miliardi di euro; gli analisti sostengono che non ci sia alcuna garanzia che gli investitori sottoscriveranno tutti quei bond, il che obbligherebbe l’Italia al fallimento.
Il governo italiano ha dichiarato ieri che – in un incontro a tre con la cancelliera tedesca Angela Merkel ed il primo ministro francese Nicolas Sarkozy – il primo ministro italiano Mario Monti ha convenuto che un crollo dell’Italia «porterebbe inevitabilmente alla fine dell’euro».
I trattati dell’Unione Europea che hanno creato l’euro e definito le regole di appartenenza per i membri, non contengono alcuna indicazione – nè regolamentazione – per l’uscita dall’UE, il che implica che qualsiasi rottura sarà disordinata e potenzialmente fonte di caos.
Se i governi dell’eurozona dovessero fallire per i propri debiti, le banche europee che hanno in mano grossi quantitativi di titoli di quegli Stati, rischieranno il fallimento anch’esse.
Alcuni analisti sostengono che le onde d’urto di una simile eventualità potrebbero portare al crollo dell’intero sistema finanziario, rendendo impossibile alle banche di restituire il denaro alla propria clientela privata e portando al fallimento di quelle aziende che dipendono dal credito bancario (quindi la crisi ha come perno l’uso criminale della riserva frazionata fatto dalle banche, ndt).
Questa settimana la Financial Services Authority ha diffuso un allerta pubblico alle banche britanniche per incoraggiare la programmazione di piani di gestione del crollo della moneta unica.
Alcuni economisti ritengono che, nella ipotesi peggiore, un crollo secco dell’euro potrebbe ridurre del 50% il PIL dei vari Stati e scatenare una disoccupazione di massa. Gli analisti dell’UBS, una banca d’investimenti, all’inizio di quest’anno avevano ammonito che le conseguenze più estreme di un crollo potevano includere il mettere in pericolo il diritto di proprietà e la minaccia di disordini civili.
«Una volta che si mettano nel conto anche le conseguenze della disoccupazione, è praticamente impossibile prendere in considerazione uno scenario di crollo senza che ci siano delle gravi conseguenze sociali», questo ha detto l’UBS.
James Kirkup, Deputy Political Editor
Traduzione EFFEDIEFFE.com a cura di Massimo Frulla
Fonte: Telegraph.co.uk
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